giovedì 5 aprile 2012

VERDURA * * * 2003

Sciacca 14 luglio 2003
Vacanze selvagge
Avevo lasciato la mia casa di Ribera per vivere a Sciacca una nuova vita con Giovanni, quando i miei genitori, insieme allo zio Vincenzo, comprarono due piccoli appezzamenti di terreno a Verdura, in riva al mare per trascorrervi l’estate. Il proprietario terriero ci aveva venduto, a un prezzo a noi conveniente, la striscia in riva al mare perché improduttiva. Tutto il suo terreno era coltivato a vigneto e uliveto, anche la striscia a noi venduta; ma questa era danneggiata dall’acqua del mare, che entrando durante le mareggiate, lasciava la salsedine. A lui interessava la terra dal punto di vista agricolo; a noi da quello dei vacanzieri. Tutta la costa di Verdura è tuttora coltivata a frutteti e la spiaggia pietrosa e selvaggia non è mai stata presa in considerazione come zona turistica. Da lunedì a sabato non si vedevano bagnanti. Un po’ di gente si vedeva solo la domenica, quando le altre spiagge venivano prese d’assalto e a Verdura si poteva trovare tanto spazio sia in acqua per il bagno, che sulla spiaggia per prendere il sole.
Verdura 1970 - Il muro di cinta del nostro terreno, eretto subito dopo l'acquisto. Negli anni successivi il muro fu spazzato via dalle mareggiate insieme alla strada di terra battuta e a un forno di pietra che lo zio Vincenzo aveva costruito addossato al muro. Una seconda recinzione di paletti e rete metallica , come si vede nella foto sottostante del 1981, fu portata via un'altra volta. Per fermare l'avanzamento del mare mio padre e lo zio costruirono dei cubi di calcestruzzo, uno accanto all'altro , per formare una barriera protettiva; ma dopo alcuni anni furono trascinati sott'acqua. Ogni anno assistevamo impotenti all'avanzare del mare. Una volta, in pieno inverno una violenta ondata entrò dentro la casa che trovammo circondata dall'acqua e allagata all'interno. Si diceva allora che l'avanzamento del mare in direzione delle nostre case fosse causato dalla costruzione di frangiflutti nelle vicine spiagge di Seccagrande e San Giorgio e che la recente costruzione dei forti argini lungo la vicina foce del fiume Verdura influisse sulla trasformazione della costa, proprio nel nostro terreno che ogni anno veniva visibilmente eroso dal mare.
La spiaggia di Verdura nel 1973
Verdura Novembre 1976 - Paesaggio desolato dopo una violenta mareggiata
Verdura novembre 1976 - La mareggiata ha allagato il nostro terreno
Verdura novembre 1976 : la casa dello zio Vincenzo non ancora finita.
La nostra casa sarà costruita in seguito
Verdura 1979 : la nostra rustica casa
Verdura 1980
Paesaggio di Verdura nel 1980
Verdura 1980 - Sullo sfondo Caltabellotta
La strada che costeggia la riva, battuta per lo più dai mezzi agricoli dei contadini, è polverosa e a un livello più alto rispetto alla spiaggia. Il livello si abbassa poco prima di arrivare al nostro appezzamento e fino alla foce del fiume Verdura. La zona prende il nome dal fiume che l’attraversa. La massa dei vacanzieri non gradisce Verdura perché deserta, scomoda. Non una casa, non un luogo dove stare all’ombra; non sabbia dove possano giocare i bambini, ma pietre tonde e levigate dalle onde, pietre di tutte le dimensioni, grandi, medie, piccole, piccolissime; bianchissime, come cotte dal sole, ma anche colorate e variegate come il marmo. Una sola costruzione troneggia sulla costa in quel punto più alta sul livello del mare: una robusta torre a pianta quadrata, fatta costruire dall’imperatore Carlo V intorno al 1530, per avvistare i pirati saraceni che infestavano il Mediterraneo. Ora la torre appartiene ad una famiglia che ne ha modificato l’interno, adibendolo ad abitazione per il periodo delle vacanze estive. Io ho visitato l’interno. Le mura molto spesse non fanno penetrare la calura estiva, una scala esterna porta al primo piano, dove c’è un’unica stanza grande quadrata adibita a soggiorno e cucina. Una scala interna porta al piano superiore, dove ci sono le camere da letto.
L’interno non è comodo, ma molto suggestivo, perché diverso dalle normali abitazioni e soprattutto per la posizione alta sul livello del mare, da cui si può ammirare una vista superba. A ovest si vede il profilo di Sciacca, che si affaccia sul mare. Pare di toccarla con un dito. A est si vede il borgo di Seccagrande, oltre il fiume Verdura, luogo di villeggiatura preferito dagli abitanti di Ribera. A nord il profilo frastagliato di Caltabellotta, che si innalza fino a quasi mille metri sul livello del mare. Tale profilo continua fino a formare secondo la mia fantasia la sagoma di un gigante disteso.
Sagoma del Gigante addormentato
Fin da bambina mi pareva di vedere nella linea dei monti un gigante addormentato. In lontananza vedevo la fronte, il naso aquilino, la bocca e il mento. La linea continuava diritta formando la lunghezza del corpo fino ad un innalzamento in cui mi sembrava di vedere i piedi uniti.
Verdura 1980 - Pecore al pascolo

Caltabellotta e le alture circostanti viste dal mare sembravano azzurrine per la lontananza. Il nucleo dell’antico paese si vedeva spiccare bianco come se fosse racchiuso nella conca di una mano.

Torre di Verdura. I magazzini accanto sono stati demoliti
Di fronte alla torre c’era un vecchio magazzino sospeso sull’orlo della costa, che le onde ogni anno erodevano fino a far crollare la parete che si affacciava sul mare. Il magazzino, che era rimasto con tre pareti, lasciava vedere l’interno con le volte e gli archi.

1980 - Il silos, ora demolito, di fronte alla Torre
A qualche metro dal magazzino si ergeva un silos cilindrico, una volta dipinto di rosso, ora scolorito dal tempo, sormontato da un tetto scuro a forma di cappello cinese. Dei pioli di ferro orizzontali incassati nel muro formavano una scala stretta su cui ci si poteva arrampicare fino al tetto.
A tutti noi piaceva Verdura, soprattutto da quando eravamo proprietari di un pezzo di terra tutto nostro, che subito facemmo recintare con un muro per sottrarci alla vista indiscreta dei rari passanti. Il terreno confinava con un condotto di acqua sorgiva, che attraversava i campi e si versava in mare. In un angolo mio padre e mio zio sistemarono un tetto di canne per creare una zona d’ombra e posero un lungo tavolo rustico per il pranzo. Ai quattro lati del tavolo furono sistemate delle panche rustiche e così iniziò la villeggiatura più bella della nostra vita. Si portò pure una cucina a gas portatile per cucinare il minestrone e un rustico barbecue costruito da un fabbro per arrostire la carne o il pesce.

Verdura 1981 - Nelle due foto soprastanti una parte del muro di cinta e il cancello sono ancora in piedi.
Verdura 25 marzo 1983- Nella foto quasi tutto il muro è scomparso. Il forno è ancora in piedi, ma negli anni successivi anch'esso sarà inghiottito dal mare insieme al cancello.
Verdura luglio 1983 - Si vedono i cubi di calcestruzzo, costruiti da mio padre e dallo zio, utilizzando i ciottoli del luogo. La strada costiera non esisteva più e gli agrigoltori, per raggiungere i loro appezzamenti, passavano con i loro mezzi agricoli nel nostro terreno, davanti alle nostre case.



Nel tardo pomeriggio, dopo cena, si raccoglievano in una cassetta le stoviglie lavate nell’acqua corrente del condotto e, sistematele nel bagagliaio dell’auto, si riportavano a casa a Ribera. L’indomani mattina si ritornava a Verdura.
Niente radio, o televisione, o telefono, o rubinetti per lavarci; non c’era nulla che ci ricordasse gli agi della civiltà moderna. C’erano soltanto la terra sotto i nostri piedi, il cielo azzurro sulla nostra testa e il mare, ora azzurro, ora verde, ora grigio, a seconda della luminosità del cielo. Il tempo sembrava essersi fermato alla preistoria.
L’abbigliamento era ridotto all’indispensabile: costume da bagno e copricostume. Dopo pranzo si portavano i piatti da lavare, spesso in riva al mare: si immergevano nelle onde e poi si sciacquavano nell’acqua sorgiva del condotto. Di pomeriggio gli adulti di solito facevano un pisolino distesi su dei materassini a terra; io e i cugini invece esploravamo la costa in cerca di patelle, che in abbondanza si vedevano attaccate agli scogli sott’acqua. Il corpo della patella è una ventosa. Se il mollusco viene sfiorato dalla mano, avverte il pericolo e si attacca tenacemente allo scoglio ed è impossibile staccarlo. Io imparai a coglierlo di sorpresa infilando la lama del coltello rapidamente di sorpresa tra la ventosa e lo scoglio. Le mangiavamo crude, dopo averle sgusciate.
Poi scoprimmo i ricci di mare. Muniti di maschera subacquea, pinne e respiratore nuotavamo sott’acqua tenendo la canna del respiratore fuori, cercando i fondali bassi con i ricci. Avvistatili, ci calavamo nel fondo in apnea e con una forchetta staccavamo i ricci, che mettevamo in un sacco di rete. Era un godimento la pesca dei ricci perché ci permetteva di guardare i fondali bellissimi nella loro varietà, di incontrare pesci singoli o a gruppi. Mi piacevano i fondali coperti di alghe chiare simili alle lattughe tenere; invece quelli coperti di alghe scure ondeggianti come i capelli di una medusa, mi incutevano paura. Immaginavo che potessero nascondere strane creature o chissà quali insidie. Io evitavo sempre i fondali con le alghe scure. Mia cugina invece li cercava perché a suo dire esse nascondevano i ricci più grossi. La vedevo allargare le alghe con le mani e prendere i ricci, che erano davvero più grossi di quelli attaccati agli scogli. Una volta, nuotando tranquillamente su un fondale poco profondo, mi trovai sull’orlo di un precipizio. Il fondale si abbassava all’improvviso apparendo scuro per la profondità. Provai un senso di sgomento e rapidamente tornai indietro, segnalandomi il posto per non tornarci mai più. La maggiore quantità di ricci si raccoglievano in una zona di mare a metà distanza tra la Torre e il nostro terreno. Il punto preciso della spiaggia da cui tuffarci era uno scoglio a forma di poltrona che si intravedeva sotto la superficie. Il fondale all’inizio era un po’ profondo, poi saliva gradatamente fino a un metro e mezzo circa sott’acqua. Lì lo spettacolo era impressionante: i ricci coprivano come un immenso tappeto nero una vasta distesa sottomarina. Non potevamo posare i piedi sul fondo per timore di pungerci sugli aculei. Ne staccavamo con la forchetta tanti contemporaneamente e riempivamo i nostri sacchi a rete, che portavamo a riva. Spaccavamo il guscio con i coltelli o meglio con le forbici e ci apparivano le uova gialle o arancioni raggruppate in forma di stella marina. Che squisitezza! Che scorpacciate! Non potevamo mangiarli tutti, erano troppi.. Alcuni sacchi li portavamo ai familiari che aspettavano i frutti della nostra pesca. Imparammo a distinguere le femmine dai maschi. Questi ultimi hanno gli aculei più lunghi e sembrano più grandi. Apertili e visto che non c’erano uova, capimmo che erano maschi e li lasciammo stare in pace in fondo al mare. I maschi erano pochissimi rispetto alle femmine.
Le nostre giornate trascorrevano intense, a diretto contatto con la natura. A volte lo zio Vincenzo proponeva di esplorare i viottoli di campagna prima del bagno. Le sorprese non mancavano nelle nostre passeggiate. I viottoli erano limitati da rigogliose piante di more, generose di frutti maturi, che raccoglievamo e portavamo direttamente alla bocca. Spesso attraversavamo la pineta. Gli agricoltori del luogo chiamavano impropriamente pineta due filari di pini che si ergevano ai lati di una strada che costeggiava il condotto dell’acqua. Sotto i pini si godeva l’ombra e la frescura. Talvolta si incontravano delle famiglie accampate sotto gli alberi con tende o roulottes con le quali scambiavamo qualche parola.
Un’altra scoperta delle nostre passeggiate furono le chioccioline in letargo, attaccate agli steli delle erbe secche o sulle foglie dei cardi selvatici. Ne raccoglievamo tante e le mangiavamo a cena con l’intingolo di acqua, limone e aglio.
Ogni sera tornavamo a casa, fisicamente stanchi per le nuotate, le passeggiate, le scorpacciate di aria e di sole, ma soddisfatti di quanto la natura ci offriva ogni giorno, senza chiedere niente in cambio.

Dopo alcuni anni le cose cambiarono. Mio padre e mio zio decisero di costruire, ognuno nel proprio terreno, una grande stanza da soggiorno con angolo cottura e un bagno. Così nacquero due casette, una accanto all’altra, senza alcuna licenza edilizia. Io non abitavo più a Ribera con i miei genitori, ma a Sciacca. Mio fratello, che si era sposato cinque mesi prima di me, si era stabilito prima ad Augusta, poi a Siracusa, dove tuttora vive. Ma durante le vacanze estive il luogo di riunione di tutta la famiglia era la nuova casetta di Verdura, con una sola stanza grande, ma con tanto spazio intorno. La sera i miei genitori con mio fratello e mia cognata ritornavano nella casa di Ribera, distante dieci chilometri dal mare, per continuare la serata e per dormirvi la notte. Io ritornavo nella mia casa di Sciacca, distante pure dieci chilometri dal mare, ma in direzione opposta, dove mi aspettava Giovanni. Lui era sempre impegnato con il suo lavoro di avvocato e non poteva passare le giornate a Verdura. Lo faceva soltanto la domenica. Io lasciavo Vedura soltanto per trascorrere all’estero una vacanza di due settimane con lui, nel mese di agosto.
Anche se a Verdura c’era una casa con alcune comodità (la corrente elettrica e quindi il frigorifero e alcuni elettrodomestici) le vacanze continuarono ad avere il sapore selvaggio degli anni precedenti.
Con la nascita di tre bambini, due da me, uno da mio fratello, i miei genitori pensarono che era venuto il momento di ingrandire la casa per evitare di viaggiare ogni giorno e per vivere stabilmente al mare durante l’estate. Si aggiunsero quattro camerette da letto e un altro bagno. Anche i miei zii fecero la stessa cosa, per poter ospitare i loro due figli, anche loro sposati.
Ci ritrovavamo ogni anno a Verdura tutti quanti: nonni, zii, cugini, nipotini.
Da sinistra: Mio nipote Giuseppe, i miei figli Ignazio e Maria Elena in una foto del 1981

Verdura 1981 - Colazione in veranda

Verdura 1982 -Maria Elena, Giuseppe e Ignazio intorno alla cuginetta Renée
Verdura 1983 : la nostra casa seminascosta dalle canne selvatiche

La più piccina è Renée
Verdura 1984 - Piera, Renée e Maria Elena prendono il sole sui cubi
Verdura 1985 - Nella foto è visible come si sia accorciata la distanza dalla casa al mare.
La barca delle nostre vacanze

Verdura 1986 - Ignazio ha trovato a galla un grosso pesce ucciso da un bombarolo notturno

Verdura 1986 - Dei cubi, faticosamente costruiti nel 1983, rimane qualche traccia sulla spiaggia


Ricordi di Verdura 25 anni dopo .....

Sciacca 23 marzo 2004 martedì
Lettera a Nella
Oggi la giornata mi sembra strana perché piove, fa un po' di freddo ed io sto a casa senza far nulla. Mi pare strano non far nulla! Sono uscita stamattina con mia madre solo per andare in banca a versare gli assegni che ieri abbiamo ricevuto nello studio del notaio per la vendita del terreno e della casa di Verdura.
Se da un canto la vendita mi è dispiaciuta perché mi pare di aver buttato via un periodo bello della mia vita trascorsa insieme ai miei familiari, dall'altro la ragione mi convince che era inevitabile e che quel luogo, che per tutti noi è stato caro e che sarà trasformato da "Sir Rocco Rorte & Family" in un villaggio turistico, sarebbe stato ugualmente distrutto dalla erosione del mare che da tempo fa vedere i suoi effetti.
Non si può tornare indietro e le fasi della vita sono irripetibili. Restano solo i bei ricordi, le foto, i filmati, conservati nel cassetto. Non soltanto i luoghi, che son fatti di pietre, cambiano, ma anche noi con essi.
Potrei oggi immergermi sott'acqua per ore a pescare ricci con maschera e pinne, come facevo una volta? Non ne avrei più la forza fisica, né la voglia.
Potrei esplorare i bei fondali di Verdura e incontrarvi i pesci, le attinie, le meduse, le stelle marine, le patelle attaccate agli scogli? Certo che no.
E che dire delle lunghe remate sulla tavola del surf per esplorare la costa più lontano? E delle passeggiate a piedi in cerca di more lungo i sentieri di campagna e di chioccioline attaccate ai cardi selvatici?
Maria Elena sugli sci
Maria Elena dopo una corsa sugli sci
E delle corse dei bambini sulla superficie del mare con gli sci nautici?
E poi, diventati ragazzi, sul Wind surf?
Ignazio sul Wind surf
I bei ricordi del passato mi emozionano, ma non vorrei che si potesse tornare indietro.
Nietta
VERDURA oggi
La nostra casa (a sinistra) e quella dello zio Vincenzo (a destra), trasformate in ristorante, sono state collegate da una passerella che unisce le rispettive terrazze
Paesaggio verde
Prato verde con palme

Campo da golf - Sullo sfondo riconosco la nostra casa

VERDURA ieri e oggi a confronto

La nostra casa nel 1983 * * * * * * * La nostra casa trasformata in ristorante

La casa dello zio ********* oggi trasformata in ristorante
Paesaggio naturale nel 1970 **** Paesaggio esotico oggi
Sentiero limitato da un canneto selvatico ****************** Lago artificiale con palme
Nietta

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