Perché scrivere il diario?
Il viaggio di gruppo organizzato ha
il vantaggio di far conoscere con le guide locali il maggior numero di cose da
vedere in un paese straniero e nel minor tempo possibile, per contenere il
costo del viaggio. Però poi torno a casa con la testa piena di un’accozzaglia
di immagini, notizie, esperienze, che non mi fa raccapezzare facilmente. Mi
chiedo: Dove eravamo in tal giorno? Come si chiamava quella città? Dove abbiamo
comprato i souvenir? In quale parte del paese si coltivano le perle? E dov’era
quel canalone dove abbiamo fatto un giro in barca tanto emozionante?
Queste e tante altre domande si
affacciano alla mia mente, dove immagini, ricordi ed emozioni vissute sono
stati registrati così in fretta, da lasciare solo una traccia generica.
Scrivere il diario per me significa
ripercorre tappa dopo tappa il viaggio fatto, con l’ausilio di foto, riprese
video, appunti presi durante il viaggio, consultando di volta in volta la mappa
del paese che si è visitato.
Perciò, passati i giorni di
malessere per il cambiamento di fuso orario, rimosse dalla memoria le fatiche
fisiche del viaggio, scrivere il diario per me significa rivivere il viaggio ad
un ritmo più adeguato, approfondirlo, gustarlo ancor di più.
Sciacca 4 novembre 2014
Il viaggio in
Vietnam non l’ho scelto io: mi era stato proposto da Mario Porporino e l’ho
approvato subito, senza ancora conoscerne il programma dettagliato. Dopo il
viaggio in Thailandia di due anni fa, mi piaceva l’idea di tornare in Estremo
Oriente, specialmente in Vietnam, un paese martoriato da guerre, di cui si è spesso
sentito parlare negli anni passati, ma senza particolare interesse, essendo
così geograficamente distante.
Questa volta
sarei partita senza la mia solita compagna di viaggi, con cui ho condiviso la
camera d’albergo; ma nel gruppo di coloro che avevano prenotato il viaggio
c’erano Marcella, Franca, Rosalba, Maria, i miei cugini Mariella e Pippo, tutte
persone care, con cui ho condiviso parecchi viaggi organizzati da Mario
Porporino. Questa volta avrei dormito in camera singola, ma poi Mario mi propose
la possibilità di condividere la camera in albergo con una signora romana
disponibile ed accettai, pensando che, nell’ipotesi di una incompatibilità di
carattere, avrei comunque trovato, nel corso del viaggio, una camera singola per me. Di lei conoscevo
solo il nome, Gabriella, e non avevo neanche il suo numero di telefono per
chiamarla e avere un primo approccio. Qualche giorno prima della partenza fu
lei a chiamarmi e a presentarsi e lo fece in modo così semplice e naturale che
subito suscitò in me simpatia. Anche lei provò un’impressione favorevole nei
miei confronti, mettendo particolarmente in rilievo il fatto che sia io che lei
aborriamo il fumo. Non avevo pensato a questo particolare: neanch’io potrei
tollerare di condividere la camera con una fumatrice.
Avvicinandosi la
data della partenza, ho dedicato il mio tempo libero allo studio della carta
geografica del Vietnam, su cui ho segnato con una penna rossa il percorso che
avremmo fatto da nord a sud, dalla capitale Hanoi a Saigon, che oggi si chiama
Ho Chi Min, dal nome del rivoluzionario che unificò il paese, facendone una
repubblica democratica di tipo comunista. Tra le cose notevoli che avremmo
visto il programma dava risalto alla Baia di Halong, che nel 1994 venne
inserita dall’UNESCO tra i patrimoni dell’umanità, e nelle cui acque avremmo
navigato per un giorno e una notte nella imbarcazione da crociera “Aphrodite”.
Guardai in
internet alcune foto, che mi affrettai a inviare alle mie amiche per posta
elettronica, affinché condividessero il mio stupore per la straordinaria
bellezza dei luoghi fotografati. Ne scelsi tre fra quelle che mi sembravano più
belle e che mi facevano già sognare.
Per quanto
riguarda i templi, non diedi loro tanta importanza, perché ne avevo visti tanti
in Thailandia e pensavo che sarebbero stati simili.
Il lato meno bello del viaggio mi
apparivano gli otto voli in aereo, tanti e faticosi, ma “condicio sine qua non”
per raggiungere un paese così lontano:
Andata:
Sciacca-Palermo (taxi
un’ ora e un quarto)
1- Volo Alitalia Palermo-Roma (un’ ora)
2- Volo Thai Airways Roma-Bangkok (dieci
ore)
3- Volo Thai Airways Bangkok-Hanoi (due
ore)
4- Volo Vietnam Airlines Hanoi-Da Nang
(Vietnam centrale, un’ ora)
5- Volo Vietnam Airlines Danang-Ho Chi
Min (ex Saigon, un’ ora)
Ritorno:
6-
VoloThai Airways Ho Chi Min-Bangkok
7- Volo VoloThai Airways Bangkok-Roma
8- Volo Alitalia Roma-Palermo
Palermo-Sciacca
(taxi un’ ora e un quarto)
1° giorno – 20
ott.2014 lun.
Il decollo da Palermo è avvenuto con un’ora e mezzo di ritardo
a causa della nebbia nell’aeroporto di Fiumicino.
2° giorno – 21
ott.2014 mar.
Arriviamo il
giorno dopo ad Hanoi, stanchissimi per non aver dormito la notte prima della
partenza e per le attese negli aeroporti tra un volo e l’altro.
Dopo l’incontro
con la guida locale, Phat, andiamo a pranzo in un ristorante e poi in albergo,
“Ha Noi Pearl”, dove una doccia calda e un buon sonno pomeridiano ci
restituiscono le energie perdute e la gioia di trovarci in Vietnam.
Alle ore 16,30 ci
troviamo nella hall dell’albergo con Phat, che ci accompagna alla stazione dei
risciò per un giro nel centro storico della capitale e dei dintorni del lago
Hoan Kiem.
L’impatto con la
città è sconvolgente: caldo umido, rumori, odore di spezie e di cibi cotti
sulla strada, guida spericolata in mezzo ad una marea di motorini, il solo
mezzo usato dai vietnamiti di tutte le età per muoversi in città. Qui la Honda
ha stabilito delle sue fabbriche già nel ’96 e ora per le strade del Vietnam
circolano 28 milioni di scooter che inquinano fortemente l’aria. Ecco il motivo
per cui la maggior parte dei motociclisti portano la mascherina, ma anche tanti
pedoni. La mascherina ha sostituito il cappello conico come simbolo del
Vietnam.
Si vedono
circolare poche auto che, per l’elevato costo, con l’aggiunta del 200% di tassa
da pagare allo Stato, sono un sogno irraggiungibile per la gente comune.
Il motorino viene
usato anche come mezzo di trasporto di merci: non è raro vedere un carico di
merce così enorme da nascondere il guidatore. Secondo una statistica del 2009
circolano 40 milioni di motorini, ma la guida Phat ritiene che oggi saranno di
gran lunga di più.
La prima cena in
un ristorante tipico ci sembra ottima, ma nel corso del viaggio la cucina
vietnamita ci piace sempre meno, perché poco varia, sia nei ristoranti di
città, che nei villaggi o nelle case dei contadini. A tavola è sempre presente
una ciotola di riso asciutto cotto al vapore, accompagnata da un’altra di
verdure varie e ortaggi cotti pure al vapore e ciotoline di intingoli
dolciastri in cui sentiamo l’aceto senza poter distinguere gli altri
ingredienti. Sono sempre presenti gli “involtini primavera”, composti di carne
tritata, funghi, verdure, come carote cavoli, rape, avvolti in una striscia di
carta di riso e fritti.
3° giorno – 22
ott.2014
Io e Gabriella ci
alziamo presto e dopo colazione siamo pronte per andare al vicino lago a vedere
la gente che ogni mattina inizia la sua giornata facendo il Tai Chi all’aperto.
Il Tai Chi è un insieme di movimenti fisici e tecniche di gestione dell’energia
interna, la quale, secondo le teorie mediche orientali, grazie a movimenti attentamente studiati e alla
respirazione, aiuta la persona a ripristinare un corretto funzionamento
dell'organismo, creando un'armonia fra mente e corpo.
Alcune donne, vedendoci intente a guardare,
interrompono momentaneamente il Tai Chi e si lasciano fotografare insieme a noi.
Tornate in albergo, ci uniamo al gruppo e a Phat che ci farà conoscere ciò che
Hanoi può offrirci di interessante.
La prima parte
della giornata è dedicata alla visita al Tempio della Letteratura, creato
nel 1070 e dedicato al filosofo
cinese Confucio, per rendere omaggio a
eruditi e letterati. Nel 1076 divenne
sede della prima università del Vietnam che istruiva i figli dei mandarini e
tale rimase fino al 1802, quando l'imperatore Gia Long decise di trasferire
l'Università Nazionale ad Hué, la nuova capitale. Varcato l’arco di ingresso
della area del Tempio, ci troviamo in un giardino ben curato, pieno di piante
rigogliose con vasche piene di fiori di loto.
Ordinati
scolaretti vi entrano in fila per una visita, accompagnati dalla maestra, e
coppie di sposi posano per le foto.
Nell’’area del
Tempio si susseguono padiglioni, cortili e laghetti e si respira un’atmosfera
serena, lontana dal caos di Ha Noi.
Gabriella posa
tra le ragazze venute al tempio a festeggiare la loro laurea.
Nell’’area del
Tempio si susseguono padiglioni, cortili e laghetti e si respira un’atmosfera
serena, lontana dal caos di Ha Noi. Troviamo anche un negozio di souvenir, dove
ci affrettiamo a comprare qualcosa da portare in Italia.
Abbiamo qualche
difficoltà a calcolare velocemente il costo di un oggetto in euro per la grande
differenza con la moneta locale, il dong. Il nostro euro equivale a circa
26.000 dong. Nel cambiare in albergo una sola banconota di 20 euro abbiamo
ricevuto un grosso fascio di banconote, che hanno riempito il portafoglio!
Nell’’area del
Tempio si susseguono padiglioni, cortili e laghetti e si respira un’atmosfera
serena, lontana dal caos di Ha Noi. Troviamo anche un negozio di souvenir, dove
ci affrettiamo a comprare qualcosa da portare in Italia.
Abbiamo qualche
difficoltà a calcolare velocemente il costo di un oggetto in euro per la grande
differenza con la moneta locale, il dong. Il nostro euro equivale a circa
26.000 dong. Nel cambiare in albergo una sola banconota di 20 euro abbiamo
ricevuto un grosso fascio di banconote, che hanno riempito il portafoglio!
Alcuni souvenir
comprati in diversi negozi
Usciamo dal
Tempio della Letteratura alle ore 10,30 circa. Phat ci conduce a piedi al
mercato di un vicino villaggio. C’è con lui una ragazza che farà la spesa per
preparare il nostro pranzo in un’antica casa rurale del villaggio.
E’ divertente
percorrere la stradina del villaggio in cui i venditori, per lo più donne,
espongono la loro merce su una stuoia, sui due lati del marciapiede: carne,
uova pesci, frutta, verdura, ecc.
Accovacciate a
terra le donne puliscono le verdure in attesa degli acquirenti. Nel contenitore
verde in basso ci sono germogli di palma.
Si vendono
granchi, pesci, conchiglie, vermi. Questi ultimi, ricchi di vitamine, sono
considerati un cibo pregiato e costoso al pari delle ostriche.
Quanti colori,
odori, varietà di frutta, verdura, spezie!
Percorso tutto il mercato, torniamo indietro per la stessa stradina e ci
avviamo verso la casa rurale dove siamo attesi per imparare a cucinare nel modo
vietnamita.
Troviamo due
lunghi tavoli all’aperto con una cucina da campo dai fornelli accesi, con una
pentola e una padella. Agli appassionati
di cucina del gruppo, che vogliono imparare a cucinare le pietanze locali,
vengono offerti un grembiule e dei guanti. Gli ingredienti e le ciotoline con i
condimenti sono pronti sui tavoli. Io, che non amo la cucina, mi astengo, interessandomi
a filmare la scena e a scattare foto.
Preparazione di
una crespella di riso
La lezione più
importante è stata quella di creare con una pastella di riso delle crespelle
cotte a vapore su una piastra con coperchio. Il difficile era togliere dalla
piastra, con un bastoncino, la crespella umida e molliccia e deporla su una
foglia di banana per poi riempirla di carne tritata e formare un involtino
(l’involtino primavera, che ci è stato offerto ogni giorno del nostro viaggio).
Una delle cuoche ci ha insegnato a creare una rosa rossa con un
pomodoro. Lo stelo e le foglie sono
fatte con la buccia della zucchina. L’effetto è sorprendente. Se ci provassi,
forse anch’io riuscirei a farla!
Dopo la divertente lezione di cucina, ci viene
servito il pranzo in un padiglione attiguo.
Un vassoio di
involtini primavera
Alla fine del
pranzo una foto ricordo di Mario Porporino con le cuoche.
Ripreso il pullman intorno alle ore 14,00 ci
rechiamo nella periferia di Hanoi per la visita alla Pagoda di Tran Quoc, la più antica della città, costruita nel VI
secolo.
Originariamente
si trovava sulle rive del Fiume Rosso; poi è stata trasferita sul Lago Ho Tay
agli inizi del XVII secolo, per pericolo di crollo.
Sull’altare si
vedono le offerte di frutta dei fedeli buddisti.
L'ultima tappa del nostro secondo giorno ad Hanoi è il Museo Etnografico, all'interno del
quale si vedono collezioni di oggetti di vita quotidiana appartenenti alle 54
etnie del paese. All'esterno si
trovano vere case tipiche ricostruite dagli abitanti delle varie etnie chiamati
dal governo per la realizzazione fedele delle costruzioni, che mostrano i
diversi stili architettonici dettati dalle diverse culture.
Una casa
appartenente ad una etnia matrilineare: ogni qualvolta una figlia della
famiglia si sposava, la casa si allungava con l’aggiunta di una nuova stanza.
Perciò dalla lunghezza della casa si evidenziava la grandezza della famiglia.
Una casa
comunitaria in cui gli abitanti del villaggio tenevano consigli di guerra, riti
e celebrazioni.
La terza tappa è
la visita ad un laboratorio artigianale di laccatura, un arte antichissima di
cui i vietnamiti sono appassionati. Non vi avevo dato mai importanza e non
pensavo che ci volessero lunghe e pazienti procedure per portare a termine un
oggetto laccato. Molti di noi ne hanno comprato qualcuno da portare a casa come
souvenir.
Sono le 17,30
circa e il pullman ci riporta in albergo. Non abbiamo alcun impegno e siamo
liberi di trascorrere il resto della serata a nostro piacimento. Anche la cena
è libera. Gabriella si è accordata con Giordana e Marcello per cenare insieme
nella loro camera o nel ristorante dell’albergo; io invece esco con Annamaria
per comprare della frutta esotica lungo una strada nei dintorni dell’albergo.
Due donne, sedute sul marciapiede, hanno l’ultima frutta da vendere: compro
delle banane, un mango e dei rambutan.
Rientro in
albergo, dove finalmente ho tempo di usare uno dei computer della hall per collegarmi con i miei cari in Italia. Non
riesco ad avere il collegamento per la posta elettronica, ma ci riesco con
facebook, che mi consente di inviare messaggi a Maria Elena, a Ignazio, a
Giuseppe e a mio fratello.
Incontro
Gabriella, con cui concludo la serata girando per i negozi di abbigliamento dei
dintorni. Tutte e tue compriamo a buon prezzo delle camicie di nostro
gradimento.
4° giorno 23 ott.
giovedì
Lasciamo Hanoi e
andiamo nel distretto di Ninh Binh. Oggi
non andiamo a pranzare in un ristorante, ma in campagna, presso una famiglia
vietnamita. E’ distensivo raggiungere a piedi il luogo, camminando per un lungo
viottolo tra i campi coltivati e recintati da filari di banani, nel silenzio
della natura, interrotto di tanto in tanto dall’abbaiare di qualche cane o
dallo starnazzare delle oche. Il nostro arrivo è accolto dal frastuono di una
fitta moltitudine di oche, disturbate dalla nostra presenza. Una contadina, per
tenerle buone e non farle sparpagliare getta loro manciate di granoturco di cui
si mostravano ghiotte.
I padroni di casa e Phat ci guidano sotto una
tettoia dove ci sono le tavole apparecchiate per noi: il pranzo ci è servito
dai familiari, che alla fine ci offrono un liquore fatto in casa, di cui sono
orgogliosi. E’ presente anche una giovane mamma con un bimbo di otto mesi in
braccio che è ammirato e coccolato da tutti noi. Dopo le foto di gruppo insieme
alla famiglia, ci congediamo e raggiungiamo un posto tra i campi, dove sono
pronti per noi dei carretti trainati da mucche.
La famiglia
vietnamita che ci ha ospitato per il pranzo
Il giro in
carretto tra campi e villaggi è insolito e divertente, fino ad arrivare ad un canalone che un tempo alimentava una
risaia allagata, non più coltivata. Il luogo è un incanto. File di leggere
barchette di canne di bambù, guidate da donne minute, dall’età indefinibile,
col capo coperto dal tipico cappello conico, si avvicinano ad un piccolo
imbarcadero, invitandoci a salire, due persone per ogni barchetta.
Inizia così una
navigazione nell’acqua bassa, tra ciuffi verdi di spighe di riso, in un
silenzio irreale, quasi magico. Sopra di noi un cielo pallido, velato; a
sinistra e a destra si ergono alture coperte di vegetazione a strapiombo
sull’acqua che le rispecchia.
Lo scenario di
picchi rocciosi, canali e vegetazione è spettacolare.
Nessuno di noi
parla o commenta, come fossimo tutti rapiti dall’incanto del luogo: si sente
soltanto il battere dei remi sull’acqua e la voce di qualche uccello che vola
alto nel cielo e che l’occhio non vede.
La profondità dell’acqua è di un metro circa.
La rematrice ogni tanto
affonda un lungo bastone, come a voler tastare il fondo. Qualche grosso insetto
dalle ali iridescenti vola davanti a noi per posarsi su un filo d’erba. La
donnina che rema dietro a me indica invano col dito la direzione dove si trova
l’uccello dalla forte voce, ma il mio occhio non vede nulla. Mi basta sentirlo.
Il percorso finisce in una grotta, dove entriamo e poi usciamo, che mi ricorda
quella di Capri, per l’ampiezza, non per il colore, che non è azzurro.
Ora le barche
fanno la via del ritorno verso l’imbarcadero. Di tanto in tanto mi volgo
indietro per guardare la nostra rematrice, che si tocca le braccia per farmi
capire che sono stanche. Il giro in barca
è durato un’ ora.
Segno sul quaderno il
nome del luogo incantevole: si
chiama “Van Long” ed è una
riserva naturale, la più gran-de nel delta del Fiume Rosso.
Soddisfatti della
intensa giornata trascorsa, la sera ceniamo nell’albergo di Ninh Binh.
5° giorno 24 ott.
venerdì – Ore 7,00 - Lasciamo la città di Ninh Binh, in cui abbiamo solo cenato
e passato la notte, e partiamo con il nostro pullman per la famosa Baia di
Halong. Durante il viaggio Phat ci parla delle guerre combattute nelle varie
epoche storiche, in particolare di quelle combattute contro i francesi e gli americani.
Ci descrive il “Sentiero di Ho Chi Min”, una rete di sentieri sterrati e strade
di ghiaia che corre lungo il confine con il Laos, usata originariamente contro
i Francesi negli anni 50, come strada d’infiltrazione nel Sud. L’uso più
massiccio del sentiero, avvenne però tra il 1966 e il 1971, quando più di
600.000 soldati nordvietnamiti con camion, carri armati, armi, munizioni e 100
tonnellate di provvigioni, lo utilizzarono per andare a sud, in diretta
violazione degli accordi di Ginevra del 1962. In più quasi 25.000 soldati
proteggevano il sentiero, che venne provvisto di baracche sotterranee, depositi
di carburante, centri per la riparazione dei veicoli e postazioni anti-aeree.
Tra il 1965 e il 1969, sotto l’amministrazione Nixon, furono scaricati in
questa zona 1,1 milioni di tonnellate di esplosivo oltre a grandi quantità di
erbicidi.
Phat accenna
inoltre ai 250 chilometri di “tunnel sotterranei” costruiti dai vietnamiti
nella zona di Cu Chi, presso Saigon, che visiteremo l’ultimo giorno del nostro
viaggio.
Arriviamo nella
città di Halong, dove, prima di imbarcarci per la crociera nella baia, ci
fermiamo a visitare un laboratorio di coltivazione di perle. Nell’ingresso c’è
la mappa della famosa baia, dove si allevano le ostriche perlifere, e degli
operatori che ci mostrano le delicate fasi della coltivazione.
Alle 12,30 circa
arriviamo all’imbarcadero, dove ci attende
la giunca “Aphrodite Cruise” .
Osserviamo come
un’operatrice inserisce nel molle tessuto del mollusco dell’ostrica, per un
canale ricavato con un bisturi, un nucleo sferico di madreperla, che poi
diventerà una perla.
La nostra giunca
Alle 12,30 circa arriviamo all'imbarcadero, dove ci attende l'"Aphrodite Cruise".
Inizia la
navigazione, mentre prendiamo posto ai tavoli per il pranzo. Lo spettacolo è
straordinariamente incantevole, direi unico al mondo, superando di gran lunga
quanto avevo immaginato prima del viaggio. Mi viene in mente lo stesso stupore
provato tanti anni fa durante la navigazione per i fiordi norvegesi, che anche
allora avevo immaginato diversi dalla realtà. Le tremila isole della Baia di
Halong non hanno l’imponenza delle montagne norvegesi, ma un fascino unico: la
nave solca il mare di colore verde, su cui si specchiano le isole coperte di
vegetazione. Dovunque giriamo lo sguardo, a poppa, a prua, dalle vetrate della
sala da pranzo, oppure dalle ampie finestre della nostra cabina, mentre
riposiamo distesi sui comodi letti, vediamo sfilare davanti ai nostri occhi
scogli grandi come montagne o più piccoli, tutti diversi, nitidi e verdi quelli
più vicini a noi, velati e azzurrini quelli più lontani, ma tanti e tanti a
perdita d’occhio. Che pace, che silenzio intorno!
Una barca ci
porta a visitare in una delle isole una grotta con stalattiti e stalagmiti. Una
scaletta naturale ci fa salire più in alto fino a raggiungere un lago racchiuso
tra rocce, più alto rispetto al livello del mare. Lo scenario del lago e della
baia, visti dall’alto è stupefacente.
Lago al di sopra
del livello del mare nella Baia di Halong
E barchette leggere di bambù ci portano a visitare
le case galleggianti dei pescatori, costruite su zattere.
Nella Baia di
Halong vi sono quattro villaggi di pescatori con una popolazione che prima
contava tremila abitanti ed ora ne conta 1600.
L’acqua potabile viene loro portata ogni mattina al prezzo di mezzo
dollaro a bidone. I pescatori, oltre alla pesca, si dedicano anche
all’allevamento di pesci.
"Ha
Long" significa "dove il drago scende in mare". Una leggenda
dice che molti anni fa i vietnamiti stavano combattendo gli invasori cinesi; gli
dei mandarono una famiglia di dragoni per aiutarli. Questi dragoni iniziarono a
sputare gioielli che si trasformarono nelle isole ed isolotti che punteggiano
la baia, unendoli poi per formare una muraglia contro gli invasori. Le persone
salvarono la propria terra e la trasformarono in quello che poi sarebbe
diventato il Vietnam.
Calata la notte,
ci ritiriamo nelle nostre cabine. Non ho sonno e mi attardo a guardare alla
finestra lo scorrere delle isole che ora appaiono nere e misteriose. Attratti
dalla luce della giunca, dei pesci rossi nuotano lungo la fiancata, come a
volerci fare compagnia nel nostro viaggio. Poi mi addormento, ma prima
dell’alba mi sveglio al rumore della pioggia e, incuriosita, mi affaccio alla
finestra. Lo scenario è cambiato ed è altrettanto magico come quello diurno: la
pioggia, illuminata dalla luce della giunca, brilla cadendo in mare e i pesci
rossi continuano a nuotare seguendo la scia delle luci.
SECONDA PARTE
Piatti serviti con gusto artistico sulla giunca
6° giorno 25 ottobre 2014 sabato
E’ spuntato un nuovo giorno. Dopo colazione, lasciate le cabine, ci godiamo ancora il panorama prima di raggiungere il molo di Halong e riprendere il nostro pullman. Sono le ore 10,00.
Dopo due ore di viaggio, attraversiamo a piedi dei campi di riso, fino ad arrivare al villaggio di Ninh Giang, presso una famiglia contadina, per il pranzo.
Poi
raggiungiamo il vicino “Teatro delle marionette sull’acqua”, dove
assistiamo ad uno spettacolo di antica tradizione contadina, risalente
all’XI secolo, che oggi è in via di estinzione.
In
una piscina del villaggio pupazzi colorati di legno ballano,
accompagnati da musica, animazione e canto, ed eseguono scene di vita
contadina. Alla fine appaiono i manovratori, immersi nell’acqua fino al
petto, per ricevere gli applausi dei turisti.
Riprendiamo
il nostro viaggio in pullman percorrendo la strada che costeggia il
delta del Fiume Rosso, che nasce in Cina ed entra in Vietnam, scorrendo
presso la capitale Hanoi. Lungo la strada ci fermiamo per visitare un
laboratorio dove lavorano ragazzi disabili, impegnati nel ricamo per la
creazione di quadri, esposti in un salone per la vendita.
Giunti
all’aeroporto partiamo con un volo di linea per la città di Hué, dove ci
attende un’altra guida, di nome Mi, che ci accompagna nel moderno
“Moonlight Hotel Hué” per la cena e il primo pernottamento.
7° giorno 26 ottobre 2014 domenica
Dalle
ampie vetrate del ristorante, prima di fare colazione, mi soffermo a
guardare dal 14° piano il bel panorama della città di Hué, solcata dal
“Fiume dei Profumi”. Poi guardo il ricco banco dei cibi della colazione.
Mi alletta la frutta locale, che ho imparato a conoscere, e me ne
riempio il piatto: frutto della passione, rambutan, papaia, frutto del
Drago, ananas.
Ieri,
durante una passeggiata a piedi nel villaggio di Ninh Giang, ho fatto
una scoperta incredibile: i frutti del Drago, che prediligo tra quelli
asiatici, sono prodotti da una pianta grassa che da tanti anni tengo sia
in piena terra che in un vaso nel balcone. La sua fioritura è
spettacolare a settembre, ma nel nostro paese la pianta non dà frutto.
Il fiore, grande e stupendo, dura soltanto dall’alba al tramonto, ma io
lo rendo immortale con le foto. Il mio cruccio è sempre stato di non
aver mai conosciuto il nome della pianta.
In Vietnam ho visto la pianta, il fiore e il frutto e finalmente ne ho conosciuto il nome.
Dopo
colazione la mattinata è dedicata al giro della città in pullman. La
guida mostra le case dall’architettura prevalentemente di stile francese
e cita un proverbio locale che dice: ”Mangiare cibo cinese; sposare
donna giapponese; vivere in casa francese”.
Poi ci guida alla
Città Imperiale, raccontandoci per sommi capi la storia dell’impero
vietnamita, che dal 932 al 1802 ebbe come capitale Hanoi e cinque
dinastie.
La dinastia Nguy?n fu l'ultima dinastia imperiale
vietnamita, comprendente 13 sovrani che regnarono sul Vietnam dal 1802
al 1945, sotto la dominazione dei francesi, che colonizzarono il Vietnam
il Laos e la Cambogia sotto il nome di Indocina.
Il primo
imperatore della dinastia Nguy?n, che regnò dal 1802 al 1820, trasferì
la capitale da Hanoi a Hué, perché ad Hanoi, troppo vicina al confine
con la Cina, temeva la pressione della potenza cinese. Dal 930 al 1802
il Vietnam aveva subito parecchie invasioni sia da parte dei mongoli di
Gengis Khan che dei cinesi. Nella nuova capitale, quasi al centro del
paese, si sentiva più sicuro.
Dal 1804 fino a 1833 costruì la Cittadella, a 5 km dalla città, impiegando 20 mila operai.
La
guida mostra una pianta della città, che occupa una superficie di 40
ettari. Vi sono segnati tre quadrati, uno dentro l’altro: in quello
esterno, più grande, c’è la Cittadella, con dieci porte di ingresso,
attualmente abitata da 80 mila persone; all’interno della Cittadella c’è
la Città Imperiale e nel quadrato più piccolo, la Città Proibita, in
cui vivevano la regina madre, l’imperatrice, le concubine e gli eunuchi. Nessuno vi poteva entrare, pena la morte.
La
Città Imperiale e la favolosa Città Proibita, sono un insieme di
palazzi, padiglioni, templi, stagni, giardini, cancelli e sale.
Dopo le spiegazioni della guida ci prendiamo una pausa davanti ad uno dei padiglioni.
Dopo le spiegazioni della guida ci prendiamo una pausa davanti ad uno dei padiglioni.
Il complesso monumentale di Huè, memoria di antico splendore, è stato dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco nel 1993.
Un po’ di storia: Huè e l'offensiva del Tet
Nel
1968 la città imperiale fu distrutta in gran parte durante quella che è
passata alla storia come l'offensiva del Tet. Per il Tet, il capodanno
lunare che si festeggia alla fine di gennaio, era stata annunciata una
tregua di 48 ore. Ma il 30 gennaio, di sorpresa, il Fronte nazionale di
liberazione e l'esercito nordvietnamita lanciarono l'attacco più
massiccio che la storia della guerra vietnamita ricordi, annichilendo e
distruggendo gli apparati bellici e il morale degli avversari,
sconcertando le strategie nemiche sul campo di battaglia, piegando un
esercito di oltre 1.300.000 soldati ben equipaggiati e determinando le
condizioni favorevoli per l'esercito e il popolo vietnamita di
rafforzare gli attacchi per la liberazione di vaste zone rurali. Molti
storici europei considerano questo come il più amaro fallimento militare
degli Stati Uniti nella guerra di aggressione contro il Vietnam, che
mette in luce da un lato la debolezza e l'impotenza del regime di Saigon
e dall'altro il coraggio e la fiducia del popolo e dell'esercito
vietnamita sul campo di battaglia nonché l'abilità di condurre lo
scontro rivoluzionario.
Nel gennaio 1969 incominciarono colloqui
ufficiali a Parigi e nel settembre il Presidente americano Nixon
annunciò l'avvio di un graduale ritiro statunitense. La guerra finì solo
il 30 aprile 1975
Viali, giardini, vasche di pesci rossi e di ninfee ingentiliscono l’atmosfera della città Imperiale.
Usciti dalle mura di cinta della città imperiale troviamo una fila di ciclorisciò pronti per un divertente giro.
Il
giro ha come meta la vecchia casa con giardino di un mandarino, ora
proprietà di una nipote, di età avanzata. Il giardino è curatissimo e
ricco di fiori esotici.
La nipote del mandarino e l’altare della casa con le offerte
La
torre a sette piani della Pagoda è il simbolo di Hué. Si trova su di
una collina, vicino al Fiume dei Profumi. La leggenda narra che nel 1601
un indovino previde che colui che avrebbe costruito la pagoda vicino al
fiume, sarebbe stato il caposti-pite di una gran dinastia. Nhuyen Hoang, governatore della provincia di Thuan Hoa, seguì le indicazioni e la previsione si avverò; la dinastia Nguyen fu l'ultima dinastia imperiale, e regnò in Vietnam fino al 1945.
Il
pomeriggio è dedicato alla visita della Tomba dell’imperatore Minh
Mang, costruita dal 1840 al 1843 su una superficie di 18 ettari. E’
circondata da un muro che racchiude all’interno monumenti, palazzi,
templi, padiglioni, giardini bellissimi, laghetti, e ponticelli che
creano un’atmosfera di pace e di serenità.
Tomba dell’imperatore Minh
Mang
E' rilassante passeggiare in quest'oasi incanevole di pace e fotografare il paaesaggio più che i monumenti.
Concludiamo la serata in un locale tipico con una cena allietata dal suono di strani strumenti musicali in mano a tre aggraziate signore.
8° giorno 27 ottobre 2014 lunedì
Lasciamo
Hué percorrendo una strada costiera che porta al Passo delle Nuvole,
con una bella vista sul mare, salendo fino ad un’altitudine di 500
metri. I monti sono coperti da una fitta vegetazione. Percorriamo la
strada che costeggia la città di Da Nang, dove di vedono palazzine di
nuova costruzione. I prezzi degli appartamenti sono elevati e l’acquisto
è vietato agli stranieri, che possono soltanto prenderli in affitto. La
guida ci indica una casa grigia a due piani facendoci notare che non ha
finestre: è una casa costruita appositamente per le rondini perché vi
facciano il nido, di cui i vietnamiti sono ghiotti.
Spiega che i
nidi di rondine, creati con la saliva, vengono puliti e conservati come
se fossero una pasta, ma durante la cottura assumono una consistenza
gelatinosa e trasparente. Ricchi di ferro, potassio e magnesio, sono
considerati una prelibatezza culinaria per le popolazioni dell’estremo
oriente.
Sono sconcertata della mia ignoranza e all’idea di poterli mangiare: credevo che fossero una pasta di grano a forma di nido!
Arriviamo
nella bella spiaggia sabbiosa di Da Nang, dove sostiamo il tempo per
una passeggiata sulla battigia e per qualche foto presso le barchette
circolari dei pescatori.
Proseguiamo fino ad arrivare alla città di
Hoi An, situata a 30 km a sud di Da Nang. La guida Mi ci fa visitare un
laboratorio di ricami e poi ci accompagna al ristorante.
Lasciamo il pullman in una strada dove è possibile parcheggiare e proseguiamo a piedi per raggiungere il centro storico.
Bagnata
dal Fiume Thu Bon, fu un importante porto commerciale sin dal II secolo
d.C., sotto il regno Champa. Decaduta nel XIV secolo, riprese la sua
funzione di emporio internazionale verso la metà del secolo XV, quando
da qui transitavano velieri di mercanti olandesi, portoghesi e
giapponesi. Fu solo nel XIX secolo, che la città perse importanza a
favore di Da Nang, che sorge 30 km a nord. Le diverse influenze operate
dalle culture straniere su quella autoctona vietnamita hanno creato
un’incantevole e suggestiva miscela architettonica, riconosciuta anche
dall’Unesco.
Raggiunto il centro storico, la guida Mi ci raduna in un
ponte coperto di legno, costruito dai giapponesi sul fiume Thu Bon nel
1593 per unire il quartiere giapponese con quello cinese. Il ponte è
diventato l’immagine principale di Hoi An.
Ponte di legno giapponese
Ponte di legno giapponese all’interno
Dopo
il pranzo in un ristorante è interessante la visita ad una delle
abitazioni antiche più belle della città vecchia di Hoi An, che conserva
internamente i vecchi mobili in legno intagliato.
Nel
quartiere cinese visitiamo un tempio costruito nel 1653, dedicato a
Quan Cong, un generale cinese stimato e adorato come simbolo di lealtà,
sincerità, integrità e giustizia. Nel cortile c’è una fontana a forma di
drago. Sul fondo una sala con la statua del generale affiancata da
quella della Dea del Mare e del Dio della Fortuna.
E’
molto interessante ammirare gli edifici di valore storico, passeggiando
per le sue incantevoli stradine, fiancheggiate da pagode, case di
mercanti, case porticate di stile francese, case basse tegolate,
costruite in legno e decorate con tavole laccate e pannelli con
caratteri cinesi.
Terminate le visite guidate, Mi ci lascia
liberi di fare shopping nel centro storico per radunarci, all’ora
concordata, nel ponte giapponese e tornare al nostro pullman che ci
porterà nell’albergo fuori città.
Ci incamminiamo in libertà per le
strade pedonali, dove i negozi si susseguono uno dopo l'altro, ricchi di
ogni mercanzia e ornati con coloratissime lanterne cinesi
Hoi An ci
appare una piccola città a misura d’uomo, che non conosce il ritmo
frenetico delle grandi città, dandoci la sensazione di tornare indietro
nella storia.
Abbiamo il tempo di sostare su un ponte e guardare il
fiume di colore giallo, le barche da pesca ormeggiate e le barchette
leggere di legno guidate da uomini o donne col caratteristico cappello
conico, che garbatamente invitano i turisti a una passeggiata
sull?acqua.
di colore giallo, le barche da pesca ormeggiate e le
barchette leggere di legno guidate da uomini o donne col caratteristico
cappello conico, che garbatamente invitano i turisti a una passeggiata
sull’acqua.
Secondo l'uso vietnamita, la sposa indossa un abito
rosso prima della celebrazione del Matrimonio. Il colore rosso significa
felicità, amore, fortuna.
Una coppia di novelli sposi posano per la fotografia
Fruttivendole per strada
Verdure crude e cibi cotti in vendita all’aperto
Il nostro albergo, fuori Hoi An, è nuovo e moderno e circondato da un giardino lussureggiate e ben curato.
9° giorno 28 ottobre 2014 martedì
Stanotte mi sono affacciata al balcone perché ho sentito scrosciare la pioggia, ma stamattina è spuntato il sole.
Riprendiamo
il nostro viaggio per visitare i resti archeologici dell’antico regno
dei “Champa”, che fiorì nell'attuale Vietnam centro-meridionale.
Durante
il percorso in pullman qualcuno chiede alla guida di parlarci della
famiglia vietnamita e se c’è un controllo dello Stato per quanto
riguarda le nascite, come in Cina.
La guida spiega che il controllo
c’è per quanto riguarda le famiglie degli impiegati statali che vivono
in città. Questi possono avere soltanto due figli; se ne nasce un terzo
lo Stato punisce l’impiegato trasferendolo in campagna e bloccando gli
aumenti di stipendio.
I lavoratori della campagna hanno generalmente tre o quattro figli.
Gli
stipendi degli impiegati statali sono modesti e quasi uguali per tutti;
i liberi professionisti hanno invece guadagni superiori
Un’altra
domanda che viene fatta a Mi è se la proprietà privata viene
riconosciuta dallo Stato. La risposta è che la proprietà privata viene
riconosciuta con la Costituzione del 1992. Alle famiglie dei contadini
sono state assegnate le terre in ragione di mq 500 a persona. Prima
della costituzione, se i figli dei contadini lasciavano la campagna per
trasferirsi altrove, la loro quota veniva restituita allo Stato e
ridistribuita.
Prima di arrivare al sito archeologico dei champa
ci fermiamo presso una casa rurale dove una donna mostra agli amanti
della culinaria come si fanno le gallette di riso. Abbiamo così
l’occasione di vedere come una famiglia vietnamita vive in campagna.
Dell’interno
della casa vediamo solo i vani rustici delle masserizie, il posto dei
maiali con la cucciolata dei maialini, delle colombe messe a covare,
mentre i polli gironzolano liberamente attorno alla casa.
Torniamo al nostro pullman un po’ bagnati di pioggia e andiamo a visitare il sito archelogico dei Champa.
Inizialmente
i Champa furono strettamente legati alle tradizioni culturali e
religiose della Cina. Nel IV secolo furono influenzati dalla cultura
indiana e adottarono il sanscrito come lingua colta e l'Induismo, e in
particolare il culto di Shiva, che divenne religione di Stato.
Le
principali fonti sulla storia del regno dei Champa sono le rovine di
edifici costruiti in mattoni e le sculture in pietra, le iscrizioni su
stele o superfici in pietra, in lingua ch?m o in sanscrito, e i
resoconti degli storici o i documenti diplomatici vietnamiti e cinesi.
Oggi in Vietnam i Champa sono 150 mila.
Una tabella all’ingresso del sito mostra la foto del complesso monumentale, che si chiama “My Son”.
La
pioggia ricomincia a cadere fitta costringendoci a sostare al riparo di
una tettoia. Le rovine del tempio sono a poca distanza da noi, velati
dal grigiore del cielo.
Cessata momentaneamente la pioggia, coperti
da impermeabili di cellofan, ci avviciniamo alle rovine insieme a Mi,
riuscendo a scattare qualche foto.
La traccia più antica di monumenti
di culto è la stele con iscrizione del IV secolo in cui il re
Bhadravarman annuncia la fondazione di un tempio dedicato a Shiva.
Questa fondazione ha un particolare rilievo storico, in quanto il
complesso religioso di My Son era il principale luogo di culto dei
sovrani del regno Champa, nonché il luogo dove venivano cremati. Della
prima fase di esistenza del complesso monumentale non rimane nulla,
perché tutte le strutture furono costruite in legno e altri materiali
deperibili.
Le epigrafi cham parlano di edifici in laterizi solo a partire dal VII secolo.
Degli
11 gruppi di monumenti conosciuti, il più antico è quello che risale
all’ VIII secolo. Nel 1999 l'UNESCO lo ha inserito tra i patrimoni
dell'umanità.
Tornati a Hoi An per il pranzo, facciamo un giro
in barca per il fiume che passa per la città, permettendoci di vedere
tutte le case che si affacciano sulle sponde. Quando qualcuno avvista
delle cicogne sulla riva ci avvisa per poterle fotografare.
Finito il giro si pone il problema di come passare il resto della giornata.
Secondo
il programma prestabilito si dovrebbe raggiungere in bicicletta un
villaggio a 13 km da Hoi An, per incontrare uno scultore locale e vedere
la lavorazione artigianale delle stuoie e anche visitare un villaggio
di pescatori.Quasi nessuno sa andare in bicicletta e ci pare
avventata una simile l’idea, considerando la non più giovane età della
maggior parte del gruppo. Serpeggia il malumore tra di noi appena ci
rendiamo conto, con una telefonata all’agenzia turistica, che una
variazione al programma non è possibile. Per qualcuno del gruppo il
malumore si trasforma in una crisi di nervi.
Per quanto mi riguarda,
a me piacerebbe passare la serata nel centro storico di Hoi An e
rivedere di sera le stesse vie percorse il giorno prima, senza la
preoccupazione degli acquisti, perché ormai non c’è niente di nuovo da
comprare. Anche gli altri ad uno ad uno si persuadono che restare ad Hoi
An è la cosa migliore, la tensione si allenta e ci apprestiamo a
riconquistare la città di sera: al calar del buio le luci colorate delle
lanterne cinesi si accendono, creando un’atmosfera magica.
Sostiamo sul ponte illuminato godendoci lo spettacolo dell’acqua piena di riflessi.
All'approssimarsi
del tardo pomeriggio, in riva al fiume, iniziano i preparativi per la
costruzione e la vendita dei contenitori di carta che avvolgono i lumini
da rilasciare nel fiume in segno beneaugurante o per esprimere un
desiderio.
Promessi sposi in un romantico giro in barca. Auguri di felicità, amore e
fortuna!
E’ calata la sera e una vecchina offre in vendita i suoi lumini.
Un’altra promessa sposa in abito rosso con i lumini dei desideri.
Auguri alla coppia!
10° giorno 29 ottobre 2014 mercoledì
Lasciamo
la città di Hoi An, che non dimenticherò. Un aereo ci porta a Ho Chi
Min che, con i suoi 12 milioni di abitanti, è la più popolosa città del
Vietnam.
I Vietnamiti preferiscono chiamarla col vecchio nome, Saigon,
che è pure il nome del fiume che la bagna. Attraversando la città in
pullman ci ha sconvolto la frenetica e circolazione dei motorini, molto
più massiccia a confronto di quella di Hanoi, che ci aveva già
meravigliato. Rivedendo le riprese della telecamera, non riesco a
fissare un solo motorino, tanto veloci scorrono i fotogrammi. Mai visto
uno spettacolo simile!
Quando vedo talvolta passare sopra la mia
casa stormi di uccelli migratori, così fitti, mi chiedo come fanno a non
urtarsi tra loro. Ora mi pongo la stessa domanda per i motorini che
sfrecciano a pochi centimetri di distanza l’uno dall’altro, si fermano
davanti al rosso dei semafori e scattano al verde come una valanga
irrefrenabile.
Abbiamo poco tempo per vedere Saigon. La nostra guida è
un giovane di nome An: parla bene l’italiano per averlo studiato a
Perugia con una borsa di studio datagli dallo Stato per i suoi meriti.
Insegna italiano all’università di Saigon e arrotonda il modesto
stipendio quando le agenzie turistiche lo chiamano per fare la guida o
la traduzione simultanea, quando arrivano in Vietnam i personaggi
politici italiani.
Essendo già le ore 13,00, An ci accompagna al ristorante per il pranzo; poi camminiamo a piedi alla scoperta della città.
Seguendo
la guida entriamo in un grosso mercato cinese all’ingrosso che ci pare
una bolgia infernale indescrivibile: uomini donne, ragazzini svolgono
tutte le loro attività in piccoli spazi in mezzo a cataste di merce:
cucinano, mangiano, usano la calcolatrice appoggiati a uno sgabello, annotano conti sul registro, si appisolano distesi in un angolino sul pavimento.
Non vediamo l’ora di uscire fuori all’aria aperta e alla luce del sole!
La guida ci fa fermare davanti a una pagoda cinese, costruita nel XIX sec., ornata da moltissime statue di ceramica trasportate dalla Cina.
La
sera, mentre imperversa una forte pioggia, saliamo sul pullman che ci
porta al ristorante Chill Skybar per la cena, che viene servita al 27°
piano di una torre: dalle pareti di vetro si gode un panorama fantastico
della città illuminata.
11° giorno 30 ottobre 2014 giovedì
Alle 8,30 lasciamo l’albergo (Aquary Hotel) per un giro nel centro di Saigon. Il sole è splendido e fa caldo.
Durante
il percorso la guida An critica il governo comunista del suo paese che
non lascia alcuna libertà ai cittadini. An non va mai a votare perché le
votazioni sono una pagliacciata: i candidati sono scelti dal partito e
le cariche sono già prestabilite. Racconta che una volta un candidato
morì prima delle votazioni, e venne eletto, poiché il suo nome non era
stato rimosso dalla lista.
Scesi dal pullman arriviamo a piedi
davanti al cancello del Palazzo della Riunificazione, noto anche come
Palazzo dell'Indipendenza, in cui avvenne la storica riunificazione tra
il Vietnam del Sud e quello del Nord. La mattina del 30 aprile 1975 vi
entrò il carro armato 843 dei Vietcong, che occuparono il palazzo che
era stato la sede del presidente del Vietnam del Sud, fuggito
precipitosamente all'estero nove giorni prima. Ad attendere i militari
c'era il suo secondo successore, che non poté fare altro che arrendersi.
Era rimasto in carica per sole 48 ore. Il carro armato è ora
parcheggiato nel cortile del palazzo, come si vede nella foto.
Attraversata
una grande piazza, ci troviamo davanti alla Cattedrale di Notre Dame,
costruita dai Francesi verso la fine del XIX secolo.
Vicino alla
Cattedrale c’è l’ Ufficio Centrale della Posta, uno degli edifici più
belli di Saigon.
Progettato dal famoso architetto Gustav Eiffel, quello
della famosa Torre Eiffel, era una chiara affermazione di potere degli imperialisti francesi ai tempi dell’Indocina.
La formica e l’elefante
Durante
il tempo trascorso a Saigon, An ci parla dei difficili rapporti del
Vietnam con la Cina, riguardanti il possesso di due arcipelaghi al largo
delle coste vietnamite e lontane dalle coste cinesi. Il mare che bagna i
due paesi viene chiamato, nelle carte geografiche cinesi, “Mar Cinese
Meridionale”, mentre in quelle vietnamite viene chiamato “Mare
dell’Est”.
Dal 2009 è stato un susseguirsi di incidenti in mare, di
restrizioni sulla pesca con proteste e arresti. Tra i più importanti An
cita le proteste contro la Cina del 2009 in seguito all’arresto di due
pescatori vietnamiti colti a pescare nonostante il divieto cinese;
quelle del 2011 causate dalle esplorazioni vietnamite in acque contese.
In seguito all’affondamento di un battello vietnamita ad opera di un
mercantile cinese le relazioni tra i due stati si sono ulteriormente
deteriorate. Alcuni membri del partito comunista di Hanoi premono sul
capo del governo al fine di limitare la sfera di influenza di Pechino
sul paese. La guida An sostiene che il governo non è in grado di alzare
la voce perché l’economia del Vietnam dipende molto dal potente vicino,
paragonando la lotta tra i due paesi contendenti a quella che potrebbe
esserci tra una formica e un elefante!
Per quanto riguarda
l’assistenza sanitaria, apprendiamo da An che gli ospedali statali in
Vietnam sono sovraffollati e possono garantire soltanto l’assistenza di
base, facendo pagare ai ricoverati il 20% delle spese. I malati di
tumore, accertata la malattia, vengono dimessi e si curano in casa con
medicine tradizionali ricavate dalle erbe. Chi ha possibilità
economiche si rivolge alle cliniche private, che godono di buona fama.
Pranziamo
in un ristorante all’aperto, circondato dal verde delle piante e ornato
da stupendi fiori esotici, in riva ad un canalone con un ponticello.
Ci
resta ancora tutto il pomeriggio da passare in Vietnam, prima di
prendere l’aereo per il ritorno in Italia. Approviamo con An una
variazione al programma per potere visitare i tunnel di Cu Chi, che si
trovano a 30 km da Saigon.
I tunnel di Cu Chi sono un’immensa
rete sotterranea di gallerie, costruita negli anni 40 durante
l’occupazione francese ed estesa negli anni 60 e 70 durante la guerra
contro gli americani. Questi tunnel, che si diramano nel sottosuolo per
oltre 250 km, servirono come rifugi durante le micidiali incursioni
belliche americane e consentirono le comunicazioni e il coordinamento
dell’esercito vietcong nel sud del paese. Erano una vera fortezza
sotterranea, dotata di tutto l’essenziale, dove i vietnamiti potevano
restare rintanati per mesi.
Le gallerie di Cu Chi costituiscono uno
dei grandi siti storici della guerra del Vietnam e ci rivelano la
tenacia e l‘ingegnosità dei partigiani vietnamiti, che seppero
affrontare con risorse minime uno degli eserciti più potenti e
sofisticati del mondo.
La regione di Cu Chi è stata la più
devastata dalle bombe defoglianti e dal napalm ed è chiamata il
“Triangolo di ferro” non solo per gli attacchi a tappeto che dovette
subire, ma soprattutto per la ferrea determinazione e l’orgoglio dei
suoi combattenti.
An scopre una piccola botola sul terreno, nascosta dalle foglie: si cala giù, chiude la botola sopra di sé e scompare, non lasciando alcuna traccia.
A
noi turisti è consentito percorrere un tratto di 15 m, che è stato
appositamente allargato per rendere il percorso meno angusto per persone
di statura più grande rispetto a quella dei vietnamiti.
Molti di
noi si calano ad uno ad uno sotto terra per una scaletta e anch’io
scendo giù, ma il caldo umido soffocante che esce dall’ingresso mi fa
desistere e torno indietro.
La guida An ci mostra anche la
ricostruzione delle ingegnose e crudeli trappole ben mimetizzate nel
fogliame della giungla, dove incappavano i soldati americani.
Foto di una giovanissima guerrigliera vietnamita
La capanna nasconde l’ingresso a un tunnel
Restiamo ancora a Cu Chi, camminando a piedi per i sentieri della giungla. Ci
riposiamo un po’, seduti ad un tavolo rustico, dove sono in mostra
alcuni tuberi di manioca e poi riprendiamo il nostro cammino per
raggiungere il pullman. Attraversiamo Saigon in mezzo ad una marea di motorini e raggiungiamo l’aeroporto. Ora possiamo dire addio al Vietnam e volgere i nostri pensieri al ritorno in Italia.
Fine
Sciacca 22 novembre 2014